Wi-Fi libero, ma come?
Il Wi-fi o Wireless Fidelity è un termine che indica dispositivi che possono collegarsi a reti locali senza fili (WLAN) basate sulle specifiche IEEE 802.11: di fatto si tratta di un protocollo di comunicazione senza fili, ossia wireless.
Ora, tutti sappiamo bene quali potrebbero essere le grandi opportunità che si avrebbero se fosse “liberalizzato” il campo dalla burocrazia e dal terrore che la politica ha nei confronti delle nuove tecnologie, ma per capire davvero quello di cui stiamo parlando dobbiamo fare un passo indietro.
In Italia si prevede l’obbligo di chiedere una licenza per installare wi-fi in luoghi aperti al pubblico, nonché l’obbligo per il gestore di chiedere il documento d’identità dell’utilizzatore per acquisirne i dati anagrafici e tutto questo è sentenziato nell’articolo 7 del decreto Pisanu del 2005, articolo soggetto ad una discussione per l’abrogazione proprio in questi giorni di grande fermento.
Ma se da un lato l’abrogazione fine a se stessa non avrebbe effetti benefici sulla norma, dall’altro la norma stessa è superata e deve essere modificata per portare l’Italia al passo dei Paesi informatizzati nostri concorrenti nel mercato globale.
Vediamo la situazione nel dettaglio come spiegato in modo corretto, chiaro e pulito in questoarticolo:
“Abrogare non risolverebbe tutto, questo va detto e ricordato, per evitare illusioni e/o delusioni. Infatti, il Codice privacy, all’art. 34 e nell’allegato B, impone comunque ai soggetti che effettuano trattamenti di dati personali con strumenti elettronici, per fini non esclusivamente personali, di installare misure minime di sicurezza (…) Inoltre, i dati personali devono essere protetti contro il rischio di intrusione e dell’azione di programmi (…) mediante l’attivazione di idonei strumenti elettronici da aggiornare con cadenza almeno semestrale. Questo vale anche per le reti.
L’articolo 7 del decreto Pisanu, infatti, si regge sulla previsione di un doppio obbligo: quello all’ottenimento di una licenza per l’installazione di una rete wi fi pubblica e quello dell’identificazione documentale dei soggetti che vi accedono. Se quanto detto finora è vero, l’abolizione dell’art. 7 del Decreto Pisanu (…) non cancellerebbe il dovere di diligenza e prudenza dei gestori di wi-fi, dal momento che questi sarebbero comunque tenuti a proteggere le reti da intrusioni. Ciò comporterà, di fatto, che dovranno fornire agli utenti le credenziali per l’accesso e l’utilizzo della connessione. Non parliamo di sola Italia: in Germania, recentemente, è stata sanzionata una privata cittadina proprio perché non aveva protetto con password la propria rete wireless, consentendo a terzi sconosciuti di scaricare materiale protetto.
In secondo luogo è vero che ci sono esempi di Paesi attenti alla sicurezza i quali, malgrado ciò, non richiedono una preventiva licenza o l’identificazione dell’utente nelle wi-fi pubbliche: va ricordato, tuttavia, che spesso si tratta di Paesi in cui – a differenza dell’Italia, dove la protezione della riservatezza delle comunicazioni è forte – il potere esecutivo può “rastrellare” e filtrare, anche senza mandato giudiziario, i contenuti delle comunicazioni telematiche (es. Patriot Act in US). Cioè, si consente l’accesso senza controlli ma subito dopo si invade la privacy dei cittadini molto più pesantemente e per di più silenziosamente, senza avvisi, per ragioni di pubblica sicurezza.”
Insomma, l’abrogazione di una legge di per se non perfetta e tecno-fobica non è sufficiente a garantire la libertà all’interno dell’ambito delle reti wireless perchè il nostro ordinamento, nel bene e nel male, cinge comunque il problema e lo incanala a prescindere dall’articolo 7.
La soluzione al problema non può che venire dall’organizzazione congiunta del problema stesso e dall’implementazione di un sistema di identità digitale valido, che sia una firma elettronica internazionale, un OpenID o un qualunque sistema comune che identifichi ma che non violi la privacy di nessuno.
Il problema, come vedete, è più complesso di quanto non sembri.