Inutile nascondere la testa sotto la sabbia: quando parliamo di lavoro in mobilità, non possiamo negare che le nuove tecnologie facilitano la vita dei lavoratori tanto quanto complicano quella dei responsabili IT. Soprattutto quando a questi si demanda la sicurezza dei dati aziendali.
Se, da un lato, i dispositivi mobili e le soluzioni cloud based consentono di poter lavorare da casa e fuori dall’ufficio, garantendo l’accesso a documenti e la comunicazione con i colleghi ovunque noi siamo; dall’altro possono mettere a rischio la sicurezza aziendale. Questo accade quando si usano soluzioni di personal cloud (e ci riferiamo principalmente a servizi di public cloud).
Immaginiamo un dipendente alle prese con un report da presentare per l’indomani mattina. È tardi: deve andare a prendere i figli dalla palestra ma non ha ancora finito. Senza pensarci due volte, decide di caricare il file sul suo account dropbox e di continuare a lavorare una volta a casa per rispettare la consegna. Lo fa come se fosse la cosa più naturale del mondo, senza pensare, nemmeno per un attimo, alle conseguenze di quel gesto. Tuttavia, dal momento in cui quel file viene caricato su un server pubblico, l’azienda perde il controllo sulle informazioni in esso contenute, con tutti i rischi che ne conseguono.
Cosa fare allora? Di certo la soluzione NON è quella di mettere al bando l’uso di tutti quegli strumenti che aiutano i lavoratori a risparmiare tempo e ad essere più produttivi. Stabilire delle policy aziendali e far sì che i dipendenti siano consapevoli dei rischi per la sicurezza aziendale è il primo passo. Poi però bisogna fornire delle alternative valide e sicure, per permettere di sfruttare i vantaggi offerti dalle tecnologie cloud senza compromettere la sicurezza, e cioè tool e soluzioni cloud-based aziendali, che siano monitorate e controllate.